Lo sguardo levantino sul Bosforo

Giovanni Scognamillo

Lo storico cinematografico Giovanni Scognamillo, "levantino" di Turchia di origine italiana, e' stato sia lui che la sua famiglia amici di tutta la mia famiglia e raccontando la sua vita e la sua citta', Istanbul, con l'occhio attento e disincantato di un "cosmopolita per forza", rispolvero vecchi ricordi e mi pare di riascoltare le vecchie storie raccontate dai miei genitori e dai miei nonni.

Riporto qui di seguito un'intervista ed un servizio effettuati in tempi recenti da due giornalisti, quale testimonianza di vita vissuta in quella che era allora la vita di un italiano nel quartiere di Pera (Galata) oggi Beyoglu.

La prima intervista che riporto e' quella effettuata da ALBERTO TETTA, il 25 ottobre del 2010, dove, seduto su una poltrona della sua casa di Cihangir, dove tra l'altro risiedeva la mia famiglia, a due passi dal Bosforo, Giovanni Scognamillo racconta la sua vita selezionando, lentamente, con cura, le parole, come si trattasse di tessere un complesso mosaico. Ricordi nitidi, avvolti dal fumo delle sigarette Samsun che accende una dopo l'altra.

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"Prima di tutto parliamo della sua famiglia, quando siete arrivati ad Istanbul?"

Mio nonno e' arrivato da Napoli verso meta' Ottocento, era di mestiere cuoco, ma qui ha dovuto fare il manovale, poi ha trovato impiego prima presso le scuole dei frati francesi e poi all'Ambasciata Austriaca, si e' sposato con una napoletana della famiglia Sciacca e ha avuto due figli, mio padre e mio zio. I genitori di mia madre erano originari dell'isola greca di Tinos, si chiamavano Filippucci e Della Tolma, come si deduce facilmente dai loro nomi questi sudditi greci erano di origine italiana, erano genovesi che avevano poi preso la nazionalita' greca.

Lei invece e' cresciuto qui a Istanbul...

Si, sono nato nella clinica italiana del quartiere di Sisli e sono cresciuto in una vecchia casa nella zona di Asmali Mescit (vicino alla Torre di Galata, Ndr). Era l'epoca d'oro di quando Beyoglu portava ancora le tracce dell'antica Pera. Ho frequentato le scuole italiane, prima le medie Giuseppe Garibaldi, poi il Liceo Classico, ho studiato latino, filosofia, tre anni di Kant, "Critica alla Ragion Pura", ben inteso Dante Alighieri, l'Ariosto, Manzoni e le poesie di Benito Mussolini, che erano parecchio brutte, volevo studiare all'universita' psichiatria, ma non ho potuto farlo per ragioni economiche.

E quindi ha cercato un lavoro...

Ho lavorato, come libraio, arredatore, banchiere. Fino a quando sono approdato al cinema. Mio zio mi ha chiesto di essere suo socio in un'azienda di distribuzione cinematografica, ma l'avvento della televisione ci ha spiazzati e ho quindi deciso di continuare solo col lavoro giornalistico, avevo iniziato a scrivere nel 1961 per il quotidiano di sinistra "Aksam". Per qualche anno ho alternato il mio lavoro di critico cinematografico e quello di scrittore e di direttore estero di un'agenzia di produzione cinematografica, fino all'87 quando una paralisi mi ha costretto alla pensione, l'unica cosa possibile da fare era continuare a scrivere, ed e' quello che ho fatto.

Una vita vissuta nella piccola Europa di Istanbul, Beyoglu, che significato ha per lei questo quartiere, come e' cambiato nel tempo, ha perso il suo antico splendore?

Io non sono un nostalgico, il cambiamento di Beyoglu e in generale di Istanbul non e' un problema che riguarda solo la Turchia, ma tutte le grandi metropoli europee. Per me Beyoglu e' sempre stata una specie di no man's land, un quartiere europeo collocato in una citta' non direi orientale, ma non esattamente europea, la porta dalla quale passavano gli elementi modernizzatori provenienti dall'occidente, come il cinema, il teatro, le biciclette, i grammofoni, poi il quartiere e' cambiato e ora del vecchio Pera e' rimasto solo il ricordo.

Quand'e' che il delicato equilibrio che faceva di Beyoglu un mosaico pluriculturale si e' rotto?

Alla fine della Seconda guerra mondiale avevamo gia' il sentore che quell'era stava giungendo al termine, ma gli avvenimenti del 6 e 7 settembre 1955 hanno dato il colpo di grazia al clima di convivenza che si respirava a Beyoglu.

Cosa e' successo in quei giorni?

Un macello. Erano i tempi del conflitto a Cipro, il governo turco, con a capo Menderes e Celal Bayar, voleva dimostrare che tutto il popolo turco stava dalla parte dei ciprioti turchi, quindi e' stato organizzato un piano per dare un segnale in questo senso. Il 6 settembre '55 dovevano essere presi di mira tutti i simboli greci di Beyoglu, i negozi, le chiese, i cimiteri. E' successo un pandemonio, c'erano nazionalisti sui camion che attendevano alle porte di Istanbul un segnale, quando sono entrati nel quartiere hanno cominciato a distruggere tutto. Noi, che vivevamo vicino a via Mesrutiyet davanti al Grand Hotel del Londres, l'abbiamo scampata perche' avevamo appeso la bandiera turca fuori dalla finestra e c'era un venditore di scarpe con tanto di barba lunga e takke in testa che e' rimasto fino alla mattina davanti alla nostra porta dicendo, "sono dei nostri".

Che conseguenze ha avuto sulla societa' turca questo attacco nazionalista?

Economicamente e' stata scossa tutta l'economia turca, politicamente non e' servito a niente perche' la persona che aveva messo la bomba nella casa dove era nato Ataturk a Salonicco, evento che aveva fatto da pretesto per l'attacco, si scopri non essere un greco, ma un turco membro di un'organizzazione turca, era tutta una montatura. La conseguenza pero' fu che i greci se ne andarono, alcuni furono anche cacciati.

Nonostante questo clima xenofobo pero' lei non si e' mai sentito uno straniero in Turchia, perche'?

No, secondo me il problema dei levantini e' stato che non hanno mai voluto integrarsi, avevano uno spirito colonialista, io mi sono integrato, ho voluto integrarmi. L'unico modo di poter lavorare nel mondo del cinema e della letteratura turca era integrarsi, in modo che la gente che mi leggeva si dimenticasse che sono Giovanni Scognamillo.

Nel suo "Ricordi di un Levantino a Beyoglu", tra l'altro, lei dice di essere stato il primo levantino a scrivere in turco invece che in italiano o francese, perche'?

La ragione di questa scelta e' stata di ordine meramente pratico, se mi fossi messo a scrivere in francese su giornali di Istanbul come Beyoglu, la Republique o Le Journal d'Orient, avrei avuto un pubblico di lettori limitato, l'unica cosa giusta da fare era di scrivere in turco perche' piu' gente possibile potesse leggermi.

Che conseguenze ha avuto lo scrivere in turco sui suoi rapporti con la comunita' levantina?

Guardi, io non sono mai stato nazionalista, alla fine della seconda guerra mondiale ho deciso di essere cittadino del mondo, ne avevo abbastanza di essere cittadino di un dato paese, che poi diventava nemico di un altro paese. Da bambino ero balilla e mio padre era un fascista fanatico, il che mi ha spinto a dimenticare sia il fascismo che il nazionalismo, il patriottismo e la bandiera.

Si dice pero' che all'interno della comunita' italiana la chiamino "il turco"...

La cosa non mi offende per niente, siamo in Turchia, viviamo come i turchi, viviamo con i turchi, non ho mai avuto quel sentimento coloniale che ti porta a dire "noi siamo europei", e dopo che lo abbiamo detto, che significato ha? Il fatto di avere origini da un'altra parte per me e' sempre stato un vantaggio piu' che un problema. Oggi molta gente pensa che io sia cittadino turco.

E non e' cosi?

No, ho solo il passaporto italiano, non mi piace cambiare ne' nazionalita' ne' religione, anche se sono ateo.

In Turchia parlare di levantini e' diventata una moda, cosa ne pensa?

Dall'inizio degli anni Ottanta si parla continuamente di Beyoglu, tutti provano un senso di nostalgia per quei tempi, anche chi non li ha vissuti per niente. Una volta davanti allo storico Ristorante Marquise su via Istiklal ho visto due ragazzi che guardavano i mosaici, "ah che bei tempi" diceva la ragazza, avra' avuto vent'anni. Parlare di levantini e' diventata una moda, ma il passato e' passato e a me parlare del passato non piace anche se sono uno storico del cinema.

Ha qualche rimpianto?

No, solo una cosa mi dispiace, fino all'inizio della Seconda guerra mondiale, il modello per la Turchia, era Parigi, poi e' diventata Nuova York. Secondo me, pero', il prodotto di questo modello non e' una cultura veramente americanizzata, ma piuttosto l'emulazione dei rimasugli della cultura europea rivisti e traditi, parliamo purtroppo non di un problema relativo alla cultura, ma di mancata cultura. Le nuove generazioni piu' che dalla cultura europea sono, oggi, piu' affascinate dalla non-cultura americana.

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Il servizio che riporto e' effettuato dal giornalista turco RIZA KIRAC e le foto sono state riprese dal suo fotografo KURTULUS GOKALP.

Pera e' uno dei quartieri di Istanbul piu' folcloristici, e ogni angolo ha una storia diversa da raccontare e Giovanni Scognamillo le conosce tutte. Giovanni Scognamillo e' un levantino che e' nato a Pera, ha una memoria associata a ogni strada e ne conosce la sua costruzione e mai una volta in vita sua ha pensato di lasciare questo luogo. Ben noto in Turchia per le sue opere di letteratura, per la pubblicazione del suo libro sulla storia del cinema e innumerevoli altri libri su Beyoglu, egli e', in sostanza, un simbolo del quartiere. Ben presto il suo ultimo libro, 'Scritti di Beyoglu', sta' per essere pubblicato in turco, ancora un'altra raccolta di scritti su Beyoglu insieme ad una cronologia e una bibliografia.

Giovanni Scognamillo a Pera

Abbiamo fatto una passeggiata primaverile con Giovanni Scognamillo, il cui nome e' sinonimo di Beyoglu, e con la sua assistente, Nalan Soylemez, per le strade di questo quartiere, un tempo conosciuto come Pera.

ISTANBUL FINESTRA SULL'OCCIDENTE

A partire dalla meta' del diciannovesimo secolo, ogni nome delle strade del quartiere di Beyoglu hanno una storia da raccontare - dice Scognamillo - ma molti di questi nomi sono stati recentemente modificati. Ad esempio, la strada che noi conosciamo come Kallavi Street oggi si chiamava in realta' Ravani Street. Buyuk Londra Oteli si trova all'angolo con Tepebasi ed era il palazzo dove prima risiedeva la famiglia Ravani, da cui la strada ha preso il nome ed e' solo di recente che e' stato trasformato in albergo. I veneziani e i genovesi hanno fortemente contribuito alla formazione di Pera, stabilendosi nella zona di Galata. Poi costruirono le ambasciate e salirono lungo quella che oggi viene chiamata Istiklal Avenue tra Galatasaray e il Tunel (la breve funicolare sotterranea tra l'estremita' inferiore del viale e del distretto di Karakoy sul Corno d'Oro). Gli europei non consideravano Beyoglu come e' attualmente, cioe' un luogo d'intrattenimento e schopping, ma bensi una zona residenziale.

Vecchia Pera

Beyoglu e' un "centro levantino" - continua Scognamillo - ma per me c'e' sempre qualcosa di perverso su di esso, anche se sono io stesso un levantino. E' stata una sorta di una zona franca, all'interno dell'Impero Ottomano, ma che non ha mai avuto legami con esso. Dalla seconda meta' del diciannovesimo secolo in poi, tutto cio' che non si trovava in altre parti di Istanbul, in senso culturale soprattutto, bene o male, si trovava a Beyoglu. In altre parole, si trattava di una finestra aperta verso l'Occidente.

L'EX CINEMA ELHAMRA

Da ragazzo, Scognamillo ha venduto i biglietti presso il famoso Elhamra Cinema, dove un tempo suo padre era direttore. Non ha mai lasciato il suo amore per il cinema, ed i libri che ha scritto sono una dichiarazione virtuale del suo amore per questa forma d'arte.

Siamo piombati in un batter d'occhio sulla strada della Arcade Elhamra. Sorseggiando te' e caffe', Scognamillo ci racconta come Ataturk una volta ha assistito alla prima di un film in quel cinema. Oggi il cinema non esiste piu' poiche' anni prima e' stato ridotto in cenere, a causa di un'incendio.

Arcade Elhamra

Scognamillo racconta che le persone di diverse razze e religioni hanno sempre portato rispetto reciproco nella Pera degli anni trenta che sono stati gli anni della sua infanzia. Vivere tra due culture e' sempre stato un vantaggio, e non ha mai nostalgia comparando la Beyoglu di oggi a quella di ieri. L'unica nostalgia sono certe tracce del passato che non ci sono piu', ma considera l'attuale Beyoglu un centro d'arte, cultura e di intrattenimento, perche' questo e' quello che e' oggi e conserva ancora l'identita' del passato. I Cristiani celebrano quando i Musulmani hanno la loro festivita', e viceversa. Si puo' vivere tranquillamente insieme.

CENTRO D'ARTE E CULTURA

Come un levantino, Giovanni Scognamillo insiste sul fatto che egli vive in uno dei viali piu' belli del mondo. E' vero, ci sono strade piu' famose in altre citta'. Ma quali di esse ha un luogo dove arte, cultura, spettacolo e moda sono da sempre cosi strettamente intrecciate? Sarebbe probabilmente esagerato dire che Beyoglu in questo senso e' uno dei luoghi piu' unici al mondo.

Beyoglu e' sempre stato un luogo cosmopolita - dice Scognamillo - aggiungendo: ci sono due forme di vita a Beyoglu - una, quella vivente e residente a Beyoglu, l'altra, quella che arriva a Beyoglu da un'altra parte della citta' - il fine settimana e nei giorni festivi, la gente non sfilava intorno a Beyoglu in abiti logori - giacca e cravatta erano la regola di allora. Oggi la gente e' troppo trasandata ma vengono nel viale anche vestiti all'ultima moda.

Arcade Suriye

NIENTE CHE TU NON POSSA ACQUISTARE

Un'altra importante caratteristica di Beyoglu e' la cultura arcade (galleria), tradizione antica del luogo. Quando abbiamo iniziato ad esplorare i portici con Scognamillo, egli sbircio' in tutte le vetrine con la curiosita' di un bambino, come se le vedesse per la prima volta, nonostante tutti i suoi ricordi. Ha esaminato i giocattoli, i knicknacks, i gioielli in argento. Racconta come e' iniziata la costruzione dei portici nel 1850, sulla Grand Rue de Pera (oggi Istiklal Caddesi)

L'Arcade Suriye, oggi Avrupa Pasaji, era conosciuta nei tempi antichi come Arcade Specchio, e l'Arcade Fiore (Cicek Pasaji) e' stato uno dei luoghi piu' importanti in termini di sviluppo sociale ed economico. Ogni galleria ha avuto una sua unica personalita'. Mai il Pulo Arcade e' stato come oggi, una volta era dove si andava se si aveva bisogno di un ago, o di riparare un giocattolo rotto o un ombrello. L'emergere delle arcate fu senza dubbio un segno per sviluppare le relazioni economiche a Beyoglu. Sarti, fioristi, merciai e modiste; i librai si occupavano di libri provenienti da paesi diversi, e c'erano negozi di vendita di cosmetici importati ed esposti costantemente sotto i portici, c'erano naturalmente anche locali per il cinema, il teatro e altre attivita' culturali.

Tram a Istiklal

UN DIVERSO TIPO DI LIBERTA' SULL'ISTIKLAL

Con la sua irresistibile atmosfera, Beyoglu e' diventato un normale ritrovo per i visitatori, cosi come anche un popolare luogo di residenza.

Senza dubbio questo e' un luogo straordinario, diverso da altri quartieri di Istanbul. Ma da dove viene questa sua straordinarieta'? - viene dal diverso stile di vita? - dalla diversita' etnica della gente del posto? - Le cose che legano Giovanni Scognamillo a Beyoglu non sono altro che queste. Scognamillo le riassume cosi: "....Non c'e' nessuna mistica attrattiva a Beyoglu, ogni persona si sente piu' libera sull'Istiklal Avenue. Potete trovare in Beyoglu divertimento con stile e tutte le varieta' che si desiderano. Tutte queste caratteristiche sono disponibili e esistevano in Beyoglu sin dall'inizio...."

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